Turchia, Svezia, Finlandia, la NATO… e il Kurdistan

di Fabrizio Burattini

Era largamente previsto: nel corso del vertice NATO di Madrid è stato raggiunto il criminale accordo tra la Turchia da un lato e la Svezia e la Finlandia dall’altro.

E’ questo un altro frutto avvelenato della sanguinosa “operazione militare speciale” che Putin sta conducendo da oltre quattro mesi in Ucraina e della speculare dissoluzione di ogni aspirazione neutralista che aveva animato fino a poco tempo fa alcuni popoli europei e in particolare quello finlandese e quello svedese. 

L’isteria filo NATO e militarista che si è innescata dopo il 24 febbraio nei due paesi scandinavi ha fatto archiviare ogni seppur timida solidarietà con tutte e tutti coloro che hanno trovato rifugio in Finlandia e soprattutto in Svezia per sfuggire alla brutale e sanguinaria repressione del regime ultranazionalista turco di Recep Tayyip Erdogan.

Infatti la premier svedese Magdalena Andersson, assieme al suo omologo finlandese Sauli Niinisto, al fine di rimuovere il veto che la Turchia opponeva all’ingresso dei due paesi nell’alleanza atlantica, ha ceduto su tutta la linea di fronte al ricatto di Ankara, sacrificando cinicamente la tutela che fino all’altroieri i due paesi avevano dato nei confronti dei curdi e, seppure indirettamente, alla loro lotta per il riconoscimento dei loro diritti e della loro indipendenza.

Stoccolma e Helsinki si sono esplicitamente, solennemente e vergognosamente impegnate a non fornire alcun sostegno al PKK-Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) e alla milizia curda Ypg (Unità di Protezione Popolare) e alla sua espressione politica, il Partito dell’Unione Democratica (Pyp), che è la sezione siriana del PKK. Si sono impegnate anche ad intraprendere “misure concrete per l’estradizione di criminali terroristi” e a proibire ogni “attività di raccolta fondi e reclutamento del PKK e dei suoi affiliati”, a “impedire la propaganda terroristica contro la Turchia” nei Paesi scandinavi. Come se non bastasse, hanno chiesto formalmente la fine dell’embargo alle armi turche.

Come si diceva, la scelta di Svezia e Finlandia e il conseguente ritiro del veto della Turchia erano largamente previsti, dato che, nonostante gli ipocriti riconoscimenti fatti anni fa nei confronti delle/dei peshmerga curde/i per aver eroicamente combattuto l’Isis in Siria al fianco degli Usa, della Russia e dell’Occidente, il PKK e le organizzazioni politiche e militari a lui affiliate erano clamorosamente rimaste nella lista delle “organizzazioni terroristiche”. Sono state pugnalate alle spalle le “eroine di Kobane” il cui territorio autonomo del Rojava in Siria, sottratto all’Isis, è ora sotto attacco per le incursioni dell’esercito turco.

Per la Turchia c’è inoltre un altro obiettivo da raggiungere: quello di ottenere l’estradizione di Fethullah Gulen, leader del movimento islamico accusato di essere dietro il colpo di Stato fallito del 2016. Fethullah Gulen, però, ha trovato rifugio negli Stati Uniti ed Erdogan non se l’è sentita di avviare un braccio di ferro con il capo bastone NATO di Washington.

“E’ il tradimento del governo svedese, della Nato e di Stoltenberg nei confronti dei curdi e delle donne curde che si sono sacrificate per liberare il mondo da Daesh” ha dichiarato la deputata indipendente del parlamento svedese di origine curda, Amineh Kakabaveh, esponente della grande diaspora curda, che in Svezia conta circa 100.000 persone. Facciamo notare che il governo di Stoccolma proprio poche settimane fa è sopravvissuto a un voto di sfiducia solo grazie all’astensione di Amineh Kakabaveh, ex combattente peshmerga, che dopo questo accordo minaccia di scatenare un voto di sfiducia nei confronti del traballante governo svedese e della sua ministra degli Esteri Ann Linde, che ha avuto un ruolo determinante nella trattativa con gli emissari di Erdogan.

La cosa risulta ancor più vergognosa perché l’Occidente, proprio in queste settimane, si sta arrogando il titolo di difensore della democrazia e dell’autodeterminazione dei popoli. Per Biden, Johnson, Draghi, Macron, ecc. dunque l’autodeterminazione ucraina andrebbe tutelata, ma non quella curda, quella sahrawi e quella di tutti gli altri popoli che sono oppressi proprio dall’imperialismo occidentale.