CITTA’ RIBELLE O LOCUSTE NAPOLETANE?

Per risolvere un problema la prima cosa da fare è capire il problema

In fondo all’articolo la videointervista a Gennaro Esposito in merito agli argomenti dell’articolo stesso.

di Gennaro Esposito, da Cantolibre, 31 gennaio 2020

Ho sempre pensato che per risolvere un problema la prima cosa da fare è capire il problema. Grazie a quest’esercizio di semplificazione, sono arrivato all’unica conclusione logica: non c’è nessuna “anomalia Napoli”, nessun “laboratorio Napoli” e tantomeno una “Napoli ribelle”. Finora abbiamo assistito solo alla messinscena di un grande bluff. Per onestà intellettuale, dovremmo ammettere pure che i primi a capire la natura teatralizzante dei proclami strombazzati da Palazzo S. Giacomo sono stati quei tanti spoliticizzati che rappresentano la maggioranza dei nostri concittadini. Embè, almeno in questo caso si sono rivelati più lungimiranti dei tanti espertoni della compagneria. Per fruibilità di trama penso sia opportuno tornare indietro di qualche anno.                                                                                                                       

Nelle amministrative del 2016, il sindaco ebbe come “rivali” solo personaggi di seconda e terza linea. Il PD candidò una “non protagonista” (Valente), Forza Italia un imprenditore già sconfitto nel 2011 (Lettieri) e il M5S un signore del tutto sconosciuto in città (Brambilla), milanese tra l’altro, nonché tifoso dichiarato della Juve. Ad ogni modo, né la strada spianata dai “rivali” né l’esagerato numero di liste allestite per raccattare quanti più voti possibili, garantirono la vittoria al primo turno. Il sindaco riuscì a spuntarla, su un logoratissimo Lettieri, solo al ballottaggio. Per la cronaca, la storia cittadina degli ultimi decenni racconta che i due sindaci precedenti, Bassolino e Iervolino, al secondo mandato stravinsero al primo turno.

Per rendere più chiaro lo scopo dell’articolo, ora disegnerò un semplice (lo so che per molti è scontato, lo so) specchietto della realtà. Le forze politiche presenti nelle istituzioni nazionali e locali sono state elette, tutte, per governare l’esistente: nessuna di loro, infatti, si è presentata con un programma elettorale finalizzato all’abolizione dell’ordine strutturale del Sistema. Qual è l’ordine strutturale del Sistema? Il potere reale del capitalismo. Qual è lo strumento giuridico-coordinatore di questo potere reale? Lo Stato. Qual è il compito primario dello Stato? Fare da baluardo agli interessi del potere reale attraverso gli apparati (repressivi e ideologici) costruiti per dare il migliore equilibrio possibile alla “conciliazione di classe”, vale a dire adoperarsi per una manipolazione ricattatoria permanente nei confronti degli sfruttati, per indurli cioè a considerare giusta la presenza nella società di chi li sta sfruttando. Quel è il fine del potere reale? Il profitto. Uno dei modi più classici per fare profitto? Privatizzare i servizi.  Qual è la strategia più usata per arrivare alle privatizzazioni? Gli americani hanno coniato un termine “Starve the beast” (affamare la bestia), che vuol dire pressappoco alimentare e accelerare la crisi nelle aziende pubbliche, per poi “sentirsi costretti” ad affidare i servizi ai privati.

Napoli, per quanto riguarda i servizi pubblici, non è né Stoccolma né Milano. Meglio precisare: non lo è mai stata. Ora, però, è proprio ridotta male.

Essendo al centro di grossi interessi di strategia economica, l’ABC (Acqua Bene Comune) è forse la più importante azienda pubblica cittadina. Fino al 2016 chiudeva i bilanci in attivo; oggi versa in pessime condizioni economiche.

I primi effetti per il cittadino-utente? L’aumento spropositato delle bollette (con l’aggravio delle partite pregresse).

Le perplessità politiche su come viene gestita l’azienda?                      

  • Da due anni e mezzo è commissariata.
  • Con un’operazione passata in silenzio, è stata inglobata all’interno di un soggetto privato di livello regionale (la cosiddetta rete d’imprese), in cui le multinazionali Suez e Veolia e l’holding Caltagirone la fanno da padrone. La rete d’imprese è un nuovo soggetto costruito apposta per essere il destinatario degli investimenti nell’intera regione.


E’ sotto gli occhi di tutti lo stato comatoso del trasporto pubblico cittadino. Per questioni di spazio, mi limito a due sole osservazioni.

  • Gli autisti dei bus napoletani sono degli eroi. Guidano mezzi stracolmi di gente stressata, esasperata; mezzi per niente revisionati, e su percorsi a dir poco avventurosi. Quando c’è un forte acquazzone, per esempio, via Nuova del Campo, lo stradone che collega l’aeroporto di Capodichino con il centro (piazza Carlo III), diventa letteralmente un fiume d’acqua. Di conseguenza, è pressoché impossibile scorgere buche sull’asfalto. Finora è andata bene, ma nel caso in cui malauguratamente qualcuno dovesse farsi male, la colpa sarebbe tutta della inadeguatezza di questa amministrazione, totalmente inadempiente per quanto riguarda la regolare manutenzione delle strade, delle caditoie e del sistema fognario. Sembrerà assurdo, ma presidiare le buche è diventato il lavoro prioritario dei Vigili Urbani di Napoli. Chiedetelo direttamente ai vigili se non mi credete.
  • Due anni fa il consiglio comunale approvò la modifica dell’art. 6 dello statuto dell’ANM. Badate bene, ho appena riportato un dato politico centrale: la modifica dell’art. 6 apre di fatto la porta ai privati. E’ necessario sottolinearlo soprattutto per quei soloni della compagneria che ancora vogliono far credere che il sindaco (e di conseguenza DEMA), sia comunque di pasta diversa rispetto ai barbari liberisti. 

Il problema dei rifiuti a Napoli parte da lontano ed è da sempre una questione seria. Qualcuno ha reagito con una risatina quando il sindaco ha nominato presidente dell’ASIA (l’azienda per la raccolta rifiuti) una signora, Maria De Marco, con un curriculum di tutto rispetto nella vendita di dolciumi. Curioso di scoprire recondite competenze in discipline ambientali dell’esperta in pasticceria, sono andato a cliccare sul sito dell’Azienda. Et voilà, l’occhio del vegliardo si è lasciato subito catturare dal nome di un consigliere del CdA, un tale Daniele Fortini, un “tecnico” (lui sì) già transitato in passato a Napoli, uno dei maggiori sostenitori degli inceneritori. Sì, avete capito bene, inceneritori. Curiosando curiosando, ho scoperto pure che al sig. Fortini è stata affidata più di una delega.

Sono un materialista dialettico e resto quindi lontano da ogni tentazione complottista. Con questo articolo ho solo voluto mettere un po’ di carne a cuocere.

Vi ricordate quando un anno fa fu portata avanti la campagna di Napoli Città di Pace “No alla scuola di guerra”? Anche allora fu messa tanta carne a cuocere, tant’è che nella serata dell’assemblea pubblica (nella sala della Città del Sole) gli attivisti antimilitaristi riuscirono a dimostrare inequivocabilmente la complicità del sindaco con il progetto del governo Renzi (altro che Napoli derenzizzata). Quel giorno mettemmo a nudo le bugie del Palazzo e lo facemmo senza virtuosismi retorici, senza esibizioni da leader carismatici, senza le stampelle forgiate nelle fucine dell’individualismo competitivo (certo che me la sto prendendo con la scuola e l’università borghese). Ci riuscimmo perché eravamo irriverentemente documentatissimi.

In fondo la politica è scienza semplice. A volte siamo proprio noi a complicarla con la nostra aridità di spirito, la nostra presunzione, il nostro egoismo, la nostra ambizione, il nostro conformismo, la nostra inguaribile paura.