Classi sociali, che cosa sono?

Le classi sociali sono gruppi sociali che si riproducono di generazione in generazione, fonte di disuguaglianza sociale. Per i marxisti, le classi sociali sono fondamentalmente determinate dalla loro posizione rispetto ai mezzi di produzione (proprietari o espropriati)

Definizioni

Che cos’è la classe in sé

La classe in sé è definita oggettivamente dai rapporti di produzione. Pertanto, l’appartenenza alla classe operaia si basa sul fatto che l’operaio possiede solo la sua forza di produzione da vendere, mentre il borghese è il detentore dei mezzi di produzione. Conta anche la modalità di acquisizione della ricchezza (eredità, sfruttamento…).

Le principali classi sociali che si possono definire sono

  • l’aristocrazia finanziaria
  • la borghesia industriale
  • la borghesia mercantile
  • la piccola borghesia
  • i contadini
  • il proletariato
  • il sottoproletariato

Che cos’è la classe per sé

La classe operaia non è cosciente di essere una classe. In primo luogo tende a pensare secondo l’ideologia dominante: quella della borghesia. Ma questo dominio ideologico non è assoluto e presenta molte fragilità, che diventano particolarmente visibili in tempi di crisi.

La nozione di classe per sé si riferisce quindi al processo consapevole di formazione della coscienza di classe.

L’origine delle classi

Origine della divisione in classi

Da quando l’umanità è stata in grado di produrre più del necessario per sopravvivere e una minoranza di persone si è appropriata di questo “surplus sociale”, l’umanità si è sempre divisa in dominanti e dominati, sfruttati e sfruttatori. Questi ultimi si riuniscono in gruppi più o meno omogenei chiamati classi sociali. Queste classi sociali, nel corso della storia (aristocrazia, schiavi, servi della gleba, borghesi, proletari) sono fondamentalmente definite dal posto che occupano nel sistema di produzione. Se una particolare classe (o gruppo di classi) detiene il potere economico, detiene anche il potere politico. Per mantenere il loro potere, le classi dominanti hanno sempre dovuto perpetuare il dominio politico e ideologico su coloro che sono stati espropriati dei mezzi di produzione.

Origine del concetto

La divisione della società in classi nella società emersa dalla rivoluzione industriale era chiara anche ai pensatori borghesi. Lo stesso Marx disse nel 1852:

“Non è a me che si deve la scoperta dell’esistenza delle classi nella società moderna, né la loro lotta reciproca. Molto prima di me, gli storici borghesi avevano descritto lo sviluppo storico di questa lotta di classe e gli economisti borghesi ne avevano analizzato l’anatomia economica” [Karl Marx, Lettera a J. Weydemeyer, 5 marzo 1852].

Nel 1780, Marat scriveva:

“Periscano, dunque, finalmente, queste leggi arbitrarie, fatte per la felicità di pochi individui a scapito del genere umano, e periscano anche quelle odiose distinzioni che hanno reso alcune classi del popolo nemiche delle altre, che fanno sì che la moltitudine si addolori per la felicità di pochi, e che i pochi temano la felicità dei molti” [Jean-Paul Marat, Piano di legislazione criminale, 1780].

Nel 1794, Chamfort scrisse: “La società è composta da due grandi classi: coloro che hanno più cene che appetito e coloro che hanno più appetito che cene” [Sébastien-Roch Nicolas de Chamfort, Maximes et pensées, 1794].

Classi in movimento

Nell’epoca contemporanea si è spesso detto che le classi sociali non esistono più. Con il pretesto che sono avvenuti molti cambiamenti formali, tutto si confonde: ora ci sono classi medie, esclusi, azionisti dipendenti… Questa idea, ovviamente conveniente per la stabilità del sistema stabilito, è contraria a qualsiasi analisi seria dei fatti. Ha avuto origine nel periodo “magico” tra il 1945 e il 1975, e ancora oggi lascia il segno nelle menti delle persone assieme a ogni sorta di illusione sul capitalismo. Ma la realtà gli sta riservando ogni giorno una smentita più crudele.

Il compromesso precario

Il periodo dei “30 anni gloriosi”, dopo la Seconda Guerra mondiale, ha creato condizioni di accumulazione particolarmente favorevoli al capitalismo, e allo stesso tempo la pressione delle organizzazioni dei lavoratori è stata abbastanza forte (nei paesi occidentali) da imporre un minimo di redistribuzione.

Durante questo periodo di forte e prolungata crescita, l’idea di proletariato ha gradualmente lasciato il posto a una vaga nozione di classe media e, soprattutto, a molte illusioni sulla fine degli antagonismi (ascensore sociale…).

La nozione di classe sociale è stata notevolmente ridimensionata nel discorso politico.

Ritorno evidente della polarizzazione di classe

Il periodo 1970-2010 è una sorta di contraccolpo per tutti coloro che avevano riposto false speranze nel sistema. Le classi dominanti sono chiaramente all’offensiva su scala globale. Dalla parte degli sfruttati, la coscienza di classe è certamente più che mai indebolita. Ma chi negherebbe l’esistenza della borghesia? Basta osservare come si organizza su scala nazionale (Confindustria e tutte le altre associazioni padronali), su scala europea (nella UE) o addirittura su scala globale (Organizzazione mondiale del commercio, Banca Mondiale, Fondo monetario, ecc.) per organizzare i suoi attacchi ai diritti dei lavoratori…

Questa realtà ha portato persino Warren Buffet – il secondo uomo più ricco degli Stati Uniti – ad affermare: “C’è una guerra di classe, certo, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta combattendo questa guerra, e la stiamo vincendo”.

Tuttavia, la risposta migliore non sta in un’argomentazione, ma nella realtà: con la grave crisi globale del 2007-2010, gli attacchi e le risposte dei salariati stanno aumentando, portando a una polarizzazione sempre più visibile degli antagonismi di classe. Il mito dell’ “ascensore sociale” mostra sempre più la sua falsità. E’ sempre più evidente che la collocazione e il destino sociale di ogni individuo è determinato dalla condizione sociale dei suoi genitori, dal loro reddito, dall’istruzione ricevuta, dal suo luogo di residenza. L’idea un tempo diffusa secondo cui i figli avrebbero vissuto una vita migliore di quella dei genitori sta svanendo.

Classe e casta

Nelle società di classe precapitalistiche, le classi erano spesso interpretate come status sociali formalizzati, legati alle ideologie che li giustificavano. Questo vale in particolare per le varie forme di nobiltà. A volte gli status (gli “ordini”, o le “caste”) erano più numerosi, come il sistema delle caste in India. L’appartenenza a una casta è per lo più legata a uno status ereditario.

Quando queste società erano al loro apice, le nozioni di casta e di classe corrispondevano ampiamente. Tuttavia, più si sviluppavano gli scambi di mercato, e con essi si sviluppava la borghesia, più tendevano a disgregarsi, creando complessi intrecci:

  • I nobili decaduti mantengono il loro status nobiliare, ma essendo privi di terra, non fanno più parte della classe di proprietari terrieri che era il fulcro del potere nobiliare,
  • In circostanze in cui la società borghese non è ancora egemone, alcuni grandi borghesi acquistano titoli nobiliari (e alcuni re li vendono perché hanno bisogno di soldi dalla borghesia, e questa transazione esprime di per sé l’imborghesimento dei valori), queste persone sociologicamente borghesi entrano così nella casta nobiliare,
  • In Russia, fino al 1917, i contadini mantenevano lo status di contadino anche quando erano diventati operai.
  • Le rivoluzioni borghesi tendono generalmente ad abolire le caste, spesso in nome del liberalismo politico, come è successo in Francia nel 1789 (abolizione del sistema dei “tre stati”, nobiltà, clero, terzo stato).

Tuttavia, questo è ben lontano dall’essere un processo espresso in modo “puro” e meccanico. Così la Rivoluzione inglese, in un contesto in cui le idee repubblicane erano ancora largamente eretiche, mantenne lo status della nobiltà (la borghesia riuscì a svilupparsi in un accordo relativamente pacifico con la nobiltà). Sono emerse molte forme di sviluppo ineguale e combinato: il sistema delle caste in India è proseguito fino ad oggi, sebbene si siano sviluppati rapporti di produzione capitalistici.