Francia, sulle pensioni c’è bisogno di uno sciopero duro e duraturo

Comunicato del Nuovo Partito Anticapitalista

La mobilitazione del 31 gennaio è stata un successo! Due milioni e mezzo di persone sono scese in piazza, più di giovedì 19 gennaio. È giunto il momento di intensificare la mobilitazione: battere il ferro finché è caldo, mettere in minoranza questo governo e imporre il ritiro puro e semplice della riforma.

Rabbia crescente

“Amanti dei disordini”, “nulla facenti”, “radical chic”, sono queste le argomentazioni del governo. Le provocazioni di un governo sempre meno legittimo ma sempre altrettanto sprezzante non hanno smorzato la determinazione. Nonostante il muro del primo ministro (i 64 anni sarebbero un compromesso “non negoziabile”), la mobilitazione si sta radicando con manifestazioni di massa in tutte le città. Sta crescendo con l’aggiunta di nuovi manifestanti, in particolare tra i giovani studenti e nel settore privato.

La strategia del fumo e degli specchietti messa in atto dal governo è fallita, così come le “spiegazioni” fuorvianti che vorrebbero farci credere che le donne non sarebbero penalizzate dalla riforma. I lavoratori hanno capito chiaramente che questa riforma non è né giusta né essenziale.

Inoltre, la portata della mobilitazione riflette una frustrazione generalizzata per la situazione economica e sociale. Pensioni basse, stipendi bassi, inflazione, bollette dell’elettricità: la rabbia è aggregata ed è l’intera politica di questo governo, ingiusta e autoritaria, a essere contestata.

Imporre un’altra scelta di società!

Il governo Macron vorrebbe farci credere, come Margaret Thatcher a suo tempo, che non esistono alternative alle opzioni capitalistiche. Tuttavia, i soldi non mancano quando la minoranza presidenziale guerrafondaia stanzia più di 400 miliardi per l’esercito.

Per noi, aumentare il salario indiretto, i contributi sociali, permetterebbe di finanziare il sistema pensionistico: un pensionamento a 60 anni con 37,5 anni di servizio nel settore pubblico e privato, al tasso pieno, costerebbe solo il 3% in più della quota del PIL destinata alle pensioni.

La questione è politica. Se vinciamo, saremo in grado di imporre queste misure e molte altre su aumenti salariali, creazione di posti di lavoro, servizi pubblici… Oltre a questo, è il potere dei capitalisti di disporre della ricchezza creata dal nostro lavoro che potremmo mettere in discussione. D’altra parte, una sconfitta porterebbe a un nuovo ciclo di controriforme e regressioni sociali.

Unità e radicalità: verso la costruzione dello sciopero generale

La discussione parlamentare durerà al massimo fino all’inizio di marzo. Non c’è nulla da aspettarsi da questo calendario istituzionale in cui Macron e la destra hanno tutte le carte in regola. Come nel momento della vittoria contro il CPE (il contratto di prima assunzione) nel 2006, è continuando a mobilitarci in modo massiccio, se necessario anche oltre il voto sulla legge, che possiamo vincere.

Per questo dobbiamo rimanere uniti, dal basso verso l’alto. Per questo motivo l’NPA si sta impegnando ovunque per mettere insieme i sindacati e i partiti di sinistra per rivendicare il ritiro della riforma. Allo stesso tempo, dobbiamo anche aumentare il rapporto di forza, moltiplicando le azioni di massa, i blocchi, le manifestazioni e generalizzando lo sciopero. Le nuove scadenze dell’intersindacale, il 7 e l’11 febbraio, devono consentire questo salto di qualità. Gli scioperi nelle raffinerie dal 6 all’8 febbraio, lo sciopero dei ferrovieri del 7 e 8 febbraio, costituiscono importanti punti di appoggio da discutere in assemblea generale per prolungare lo sciopero ovunque sia possibile. Contro lo sciopero per procura, la sfida è, a breve termine, quella di scioperare ovunque e nello stesso momento.

La riforma delle pensioni cristallizza lo scontro di classe. Vincere è vitale per il nostro campo sociale, per fermare questo progetto e per liberarci di questo governo. Non c’è altra opzione che la vittoria!

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