Parigi, manifestazione dell'11 febbraio: "Il capitalismo ha 300 anni. E' ora che vada in pensione"

Francia, contro Macron e il suo mondo, dal 7 e 8 marzo, blocchiamo il paese

Comunicato del NPA del 14 febbraio

Il 16 febbraio sarà il quinto giorno di mobilitazione di un movimento storico contro la riforma delle pensioni. In diverse città, le manifestazioni di sabato scorso sono state le più grandi della storia! Di fronte a ciò, Macron e il governo si danno un’immagine di intransigenza. Ma come possono mantenere una riforma tanto ingiusta quanto ingiustificata quando il 90% del mondo del lavoro rifiuta questo progetto? Macron e la sua cricca hanno perso la loro legittimità, ma hanno scelto di continuare il braccio di ferro. La posta in gioco è il blocco del paese per porre fine alla riforma e all’intero regime di Macron.

È tempo di regolare i conti

La profondità della mobilitazione esprime un rifiuto massiccio della riforma delle pensioni. Porta con sé anche richieste più ampie.

Innanzitutto, per i nostri salari, che sono stati ridotti un po’ di più dall’inflazione. Dobbiamo chiedere un aumento generale di 400 euro per tutti. Nessuno dovrebbe essere pagato meno di 2000 euro al mese. È il minimo per vivere dignitosamente! Inoltre, aumentare i salari significa aumentare i contributi pensionistici. Questa è la soluzione per riprenderci parte della ricchezza che i datori di lavoro ci stanno rubando, e per trovare i soldi che ci permetterebbero di riottenere la pensione a 60 anni dopo 37,5 anni di servizio!

Per i servizi pubblici distrutti da decenni di politiche liberiste e privatizzazioni, la sanità, la scuola, il settore energetico, l’industria farmaceutica, devono essere immediatamente ritirati dal mercato. Profitti e bene comune, profitti ed ecologia, sono incompatibili. Dobbiamo mettere i settori essenziali dell’economia al servizio del maggior numero di persone. Questo ci permetterebbe anche di recuperare enormi quantità di ricchezza che oggi sono monopolizzate da una piccola minoranza.

Per vincere, questa volta, niente sciopero per procura!

Martedì 7 marzo, l’intersindacale ha chiesto di fermare tutto, di bloccare il paese. Mercoledì 8 marzo, si creerà un collegamento tra lo sciopero contro la riforma e lo sciopero delle donne. In diversi settori, come la RATP, le intersindacali chiedono uno sciopero rinnovabile a partire da quella data. Se vogliamo vincere, non possiamo lasciare che alcuni settori vadano avanti da soli. È vero che i ferrovieri, i netturbini e i raffinatori hanno un potere di blocco più visibile rispetto ad altre professioni, ma isolati non saranno in grado di resistere. D’altra parte, il blocco della produzione industriale, delle amministrazioni, dell’istruzione… è altrettanto importante. Non esistono settori inutili. Tutti devono fare la loro parte per vincere!

Oltre al blocco del lavoro, dobbiamo pensare anche a forme di blocco territoriale. La questione della partecipazione al blocco del paese può essere discussa per distretto o per area occupazionale. In ogni caso, per essere più forti, per acquisire legittimità, dobbiamo organizzare assemblee generali e riunioni ovunque, nei luoghi di lavoro, nei quartieri o nei luoghi di studio, per discutere e organizzarci, con le organizzazioni sindacali, le forze politiche di sinistra, le associazioni e tutti coloro che vogliono contribuire alla vittoria.

Costruire un’alternativa anticapitalista a Macron

Con questa mobilitazione, Macron e il suo governo mettono in gioco il resto del mandato quinquennale. Anche noi! Vogliamo il ritiro della riforma ma anche la caduta di questo potere politico che non si fermerà alla riforma delle pensioni se gliela lasceremo fare.

Contro Macron e i suoi amici capitalisti, l’NPA difende l’unità di tutta la sinistra sociale e politica. E discute anche la costruzione di un’alternativa politica anticapitalista che riunisca tutti coloro che, sulla scia di una mobilitazione finalizzata a far cadere Macron e il suo governo, sono pronti a mettere in atto una politica fedele agli interessi dei lavoratori quanto Macron lo è al Medef e agli azionisti delle principali aziende del paese.