Marocco, massacro alla frontiera

Corrispondenza di Marco Sbandi, 26 giugno 2022

Che cosa è successo alla frontiera di Melilla?

Nella notte tra giovedì 23 e venerdì 24 giugno, una folla di migranti si era radunata nei boschi ad ovest di Melilla, una dei tre tristi residui del colonialismo spagnolo in Africa. Il numero di migranti effettivamente riunitosi non è certo (si parla di 2000 migranti) e nemmeno quello dei migranti che avrebbero cercato di scavalcare la barriera di separazione tra il territorio marocchino e quello spagnolo (si parla di 500 migranti che avrebbero tentato la scalata).

I migranti sarebbero tutti provenienti da 3 paesi dell’Africa Sub-Sahariana: Burkina Faso, Senegal, Sudan. Le autorità locali avrebbero dato in anticipo l’allarme sulla massa di migranti che si era riunita nei boschi. In quella zona la presenza di gruppi di migranti in attesa del momento migliore per tentare lo sconfinamento è costante ed è costantemente repressa con grande violenza dalle forze di sicurezza marocchine. Gli arrestati vengono deportati in province lontane dalla frontiera con Melilla: sia ad est della catena montuosa dell’Atlante che a sud di questa. Alle centinaia di migranti accampati vengono sottratti telefoni cellulari, bagagli, coperte, e ogni sorta di bene precario possano avere con sé. Le cronache del tentativo di scalata di qualche giorno fa sono la reazione scomposta delle autorità e della stampa alla denuncia pubblica fatta su vari media e sulla rete dall’Association Marocaine des Droits Humains (AMDH) di Nador.

I media marocchini parlano di attacco violento, di vittime tra le forze dell’ordine, di assalto alla città di Melilla, cercando di presentare queste persone in cerca di vita migliore, o di sopravvivenza, come dei gruppi di terroristi che cercano di invadere l’Europa: dato che Melilla e Sebta (Ceuta) sono territorio spagnolo sono dunque territorio UE, e costituiscono quindi una porta per l’Europa. Nel tentativo di scalata effettuato forse da 500 migranti sui 2000 – ma non è chiaro quale sia stata la sorte degli altri radunati nei boschi – almeno 23 migranti sarebbero morti caduti dall’alto della barriera a causa delle violente scosse date alla stessa dalle forze di sicurezza marocchine. Un massacro inaudito e senza attenuanti, che le forze di sicurezza hanno cercato di giustificare solo per le barriere difensive costruite dai migranti per frenare l’assalto dei gendarmi. Evidentemente per loro la migrazione clandestina va punita con la morte. 

Le autorità marocchine denunciano l’assalto, mentre il governo spagnolo e il presidente Sanchez fingono addirittura di non sapere cosa è accaduto e denunciano operazioni della mafia del commercio di esseri umani. L’ AMDH rivela che le autorità marocchine hanno preparato 21 tombe nel cimitero di Sidi Salem senza nessuna identificazione dei corpi, né autopsia per accertare la causa della morte, né inchiesta per scoprire le responsabilità di quelle morti. Il Marocco e l’Europa trattano i migranti sub-sahariani come pedine, da usare e gettare.

L’AMDH denuncia che la polizia marocchina sta interrogando e arrestando decine di migranti scampati al massacro. Intanto, sempre su iniziativa dell’AMDH, numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno sottoscritto una dichiarazione comune di denuncia.

Il contesto in cui si svolgono i fatti 

Il Regno del Marocco ha occupato fin dagli anni 70 il territorio della Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi poco dopo che il Fronte Polisario ne aveva decretato la costituzione al momento del ritiro dei colonialisti spagnoli. L’occupazione marocchina si è notevolmente appesantita negli ultimi anni e il regno marocchino fa da anni forti pressioni economiche e diplomatiche internazionali perché sia riconosciuta come legale da un crescente numero di stati e da parte dell’ONU. Il Marocco ritiene che quel territorio, occupato dalla Spagna in epoca coloniale, sia suo in base ad un solo evento storico: la missione militare contro il regno Songhai conclusasi nel XVI secolo con un’effimera occupazione del regno e delle aree sahariane tra il Marocco e il Mali durata meno di 50 anni. Con questa logica l’Italia potrebbe rivendicare come propri tutti i paesi occupati per secoli dall’impero Romano. 

Perché l’occupazione del Sahara ha a che fare con il massacro dei migranti? Il Marocco usa la pressione migratoria come ulteriore arma di ricatto nei confronti della Spagna e della UE. In sostanza: “se non riconoscete la sovranità marocchina sul Sahara, smettiamo di frenare la avanzata migratoria”. Questa minaccia è rivolta in primo luogo alla Spagna, paese confinante con il Marocco tramite le enclaves di Ceuta e Melilla, ma anche per la presenza delle Canarie (pure possedimento spagnolo), e in secondo luogo alla Francia, prima forza militare nella Africa occidentale e occupante coloniale storica sia del Marocco che dell’Algeria. L’Algeria, da parte sua, sostiene i Saharawi perché ospita nel suo territorio buona parte dei profughi scappati dal Sahara occidentale di fronte all’occupazione marocchina. 

Dunque quando Sanchez accusa le mafie, cerca di non irritare le autorità marocchine prendendosela con ignoti. Che la adunata di massa possa essere stata organizzata da gruppi mafiosi è pure possibile, ma la scelta dell’emigrazione clandestina è causata dalle politiche migratorie dell’UE e dei singoli stati che ne fanno parte. 

Da anni, con vari pretesti (terrorismo, covid, ecc.) i paesi europei stanno riducendo drasticamente il numero di visti concessi legalmente. Per richiedere un visto bisogna portare certificati e documenti che necessitano di tempo e soldi: file agli uffici, soldi per le traduzioni. E, mentre si attende l’appuntamento, il tempo passa, i certificati scadono e bisogna ricominciare da capo. Oltre ai soldi necessari per le traduzioni (anche centinaia o anche migliaia di dirhams) e a quelli persi per le file non andando al lavoro, ci sono quelli dovuti alla società che fa da tramite con i consolati (una vera truffa legalizzata) e alle lungaggini dei consolati per ottenere il visto. Se il visto viene rifiutato, la persona che lo ha chiesto ha perso questa cifra, più quella delle giornate lavorative perse (per andare a fare le file), senza poter recuperare nulla e con il precedente negativo del rifiuto. 

Non è allora strano che molti scelgano la soluzione ben più rischiosa della emigrazione clandestina, per mare, verso le Canarie o verso Melilla. I migranti che sono riusciti in questa impresa vengono considerati come una sorta di eroi in Africa (Marocco compreso). I morti in mare però sono migliaia, a causa di mezzi di trasporto del tutto inadeguati alla forza del mare e alla distanza, del cinismo degli organizzatori (dei veri Caronte per conto della UE), dell’ignoranza dei migranti rispetto alle condizioni di viaggio e alla meta reale di destinazione. 

Si potrebbe pensare che la molto parziale riuscita dei tentativi di superamento delle barriere rappresenti il fallimento delle politiche UE contro i migranti, ma la realtà è diversa: la riduzione dei visti, la persecuzione dei migranti, la costrizione a viaggi pericolosI, i salvataggi in mare (quando ci sono), i lager destinati agli arrivati in Europa servono a intimorire i migranti e a renderli disposti a qualsiasi trattamento nel caso riescano ad arrivare in Europa. 

L’arrivo in Europa sani e salvi è diventato il premio di una lotteria, e per tenersi questo premio i migranti che trovano un lavoro sono disposti a farsi pagare cifre irrisorie, anche perché il padrone può sempre minacciare la denuncia alla questura più vicina per clandestinità. E qui bisogna sottolineare un’altra manovra tutt’altro che casuale da parte dei governi: il tempo e i documenti che occorrono per avere un permesso di soggiorno e per rinnovarlo. Tempi che vengono pericolosamente sottratti ad un lavoro (se la persona migrante lo ha). Così si instaura una catena di ostacoli che si auto-alimenta: difficoltà di trovare casa, difficoltà di trovare lavoro, scadenza dei documenti e del permesso, perdita della casa e perdita del lavoro. Una catena che crea precarietà e quindi ricattabilità, ovvero una catena al servizio del padronato emerso e di quello sommerso. 

Anche per quanto riguarda i “minori non accompagnati” ci sono interventi delle questure (ovviamente su istigazione dei governi) che creano problemi invece di risolverne. Le questure infatti non disdegnano di minacciare le famiglie migranti di denunciare i minori come “minori non accompagnati” approfittando ancora una volta della montagna di documenti da presentare e dei tempi necessari per ottenerli nel paese d’origine o presso i consolati. Insomma l’immigrazione ufficiale presenta continue messe in discussione di uno status di abitanti e cittadini che dovrebbe essere legittimo e invece diventa un percorso costellato di infiniti ostacoli. 

Queste trappole servono ad evitare l’invasione? 

Non è un caso che molti governi siano ostili allo insegnamento della geografia nelle scuole pubbliche (come alla stessa esistenza di scuole pubbliche): l’ignoranza porta la maggioranza della popolazione italiana, ma anche quelle spagnola e francese, a credere che l’Africa sia un continente quasi vuoto, dal quale tutti cercano di migrare. Questa tesi ovviamente riprende gli argomenti con i quali si giustificavano le occupazioni coloniali, cioè con la frottola che si trattasse di immense aree disabitate che gli europei dovevano solo andare ad occupare e far fruttare. Migliaia di contadini e braccianti italiani sono stati mandati in Libia alla ricerca del “posto al sole” come se là non vi fossero abitanti. E dunque il colonialismo europeo ha sottratto ai paesi africani risorse (terre agricole, giacimenti di pietre e metalli preziosi, poi anche di gas e petrolio) e generazioni di persone che hanno dovuto abbandonare il proprio paese per andare a farsi sfruttare dai padroni europei in Europa. Esattamente com’è successo anche a generazioni di meridionali e isolani italiani costretti ad arricchire i padroni del nord.

Solo la rivoluzione socialista può abbattere questo sistema di mercificazione della vita umana che si chiama capitalismo.