Proveniente da una famiglia operaia di una cittadina di 7.000 abitanti, ha costruito la sua carriera di scrittrice al di fuori dei circoli letterari e negata dai suoi coetanei. “Scrivere è un atto politico che ci apre gli occhi sulle disuguaglianze sociali”, ha detto. In Italia è molto conosciuto il suo romanzo L’evento – trasformato in film dalla regista Audrey Diwan (con il titolo “La scelta di Anne”) recentemente disponibile in stereaming su Rakuten TV – che affronta il tema dell’aborto, ed è stato pubblicato anche “Diario dalla periferia”.
L’attribuzione del Nobel ad Annie Ernaux è stata criticata aspramente dai media israeliani perché la scrittyrice ha più volte espresso la sua solidarietà con la lotta del popolo palestinese.
di Silvina Friera, da pagina12.com.ar
Questa scrittrice, che ha “disertato” la sua classe ha fatto molta strada da Yvetot, il villaggio di 7.000 abitanti dove ha trascorso l’infanzia e la prima giovinezza in una famiglia proletaria della Normandia, per vincere il Premio Nobel per la letteratura (920.000 euro), “per il coraggio e l’acutezza clinica con cui scopre le radici, le estraneità e le restrizioni collettive della memoria personale”. Il territorio dell’infanzia della scrittrice francese Annie Ernaux, con la sua gente e la sua lingua, è agli antipodi del mondo in cui è entrata grazie al riconoscimento letterario. L’adolescente con un accento di classe inferiore rivive in questa scrittrice, pioniera dell’autofiction o “autobiografia impersonale”, come preferisce definirla. Il senso di inferiorità, di vergogna sociale, rimane. Non si può dimenticare che sua madre vendeva patate tutto il giorno per “potersi sedere in un anfiteatro universitario ad ascoltare Platone”, come scrive in “Una donna”.
Non si è mai sentita “legittima” o pienamente al suo posto nei circoli letterari e sociali. Ma non prova più il senso del tradimento perché ritiene di aver fatto ciò che sapeva fare meglio: dedicarsi alla scrittura con rigore. “Il suo percorso verso il ruolo di autrice è stato lungo e arduo”, ha dichiarato l’Accademia svedese, sottolineando come la scrittrice francese “esamini in modo coerente e da diverse angolazioni una vita segnata da forti disparità di genere, di lingua e di classe” attraverso più di 30 opere letterarie. L’Accademia di Svezia ha menzionato L’Occupation (2002), ed Gallimard, non pubblicato in Italia. In questo libro Ernaux analizza la mitologia sociale dell’amore romantico. “Sulla base delle note di un diario che registra il suo abbandono da parte di un amante, la donna si confessa e attacca un’immagine di sé costruita su stereotipi. La scrittura diventa un’arma affilata che seziona la verità”, argomenta da Stoccolma la scelta di questa autrice che ha esplorato l’aborto (“L’evento”), la morte del padre (“Il posto”), le miserie del matrimonio (“La donna gelata”), l’Alzheimer della madre (“Non sono più uscita dalla mia notte”), il cancro al seno che ha avuto (“L’Usage de la photo”, ed. Gallimard, non tradotto in Italia), la perdita della verginità e l’amore non corrisposto (“Memoria di ragazza”) e la sorella morta prima di nascere (“L’altrea figlia”).
“Ho sempre voluto scrivere come se non sarei stato presente quando lo scritto sarebbe stato pubblicato. Scrivere come se stessi per morire e non ci fossero più giudici. Anche se può essere un’illusione credere che l’avvento della verità dipenda dalla morte”, scrive all’inizio de L’occupazione, dove esamina un terribile periodo di gelosia sofferto dopo aver lasciato un amante che aveva deciso di riprendere la sua vita con un’altra donna. Come la maggior parte dei suoi lavori, lo stile è crudo, diretto, senza artifici. Per arrivare alla verità che cerca, ha bisogno di quello che alcuni definiscono uno stile “freddo” e tagliente; “scritto con il coltello”, dicono. Forse è solo uno stile che cerca di sperimentare la distanza dalla propria esperienza; di guardarsi da lontano per guardare più a fondo e di infilare il coltello come chi mostra, senza drammi, dove si trova la ferita. Non ha sempre scritto in questo modo crudo. Nel 1974 pubblica il suo primo libro, “Gli armadi vuoti”, la storia di una studentessa universitaria che si sottopone a un aborto; ma non sta ancora mostrando quell’io biografico che la farà conoscere sulla scena letteraria internazionale. “Mi interessa scrivere per rendere visibili le cose, non per abbellirle”, chiarisce spesso. E mi interessa anche mantenere una certa distanza, senza imporre una visione sentimentale, senza giudicare. Dopo molti sforzi, molte scritte e molte cancellature, ho trovato la forma semplice e naturale.
Nell’ottobre 1963, mentre studia filologia a Rouen, scopre di essere incinta. In una società che criminalizzava l’aborto con il carcere e una multa, non ha esitato a interrompere la gravidanza. In “L’evento”, pubblicato nel 2000 in Francia, racconta l’impotenza e la discriminazione di una società che lascia le donne in preda a un aborto clandestino. “Scrivere il romanzo fa parte del desiderio di garantire che la memoria di ciò che è stato inflitto alle donne per secoli rimanga e che non si torni indietro”, ha spiegato Ernaux, che aderisce al femminismo intersezionale. “Non mi faccio illusioni”, ha aggiunto, “ci sono sempre gruppi e individui che non accettano la libertà delle donne di disporre del proprio corpo”. “L’evento” è stato trasformato in un film dalla regista Audrey Diwan, ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2021.
“Scrivere è un atto politico che ci apre gli occhi sulle disuguaglianze sociali”, ha dichiarato il premio Nobel per la letteratura. L’Accademia ha sottolineato che l’autrice 82enne “usa il linguaggio come un coltello, come lo chiama lei, per strappare i veli dell’immaginazione”. Sebbene Emmanuel Carrère, Virginie Despentes, Édouard Louis, Didier Eribon e Delphine de Vigan l’abbiano riconosciuta come un’apripista, il disprezzo per l’opera della scrittrice francese era persistente. Lei stessa ha rivelato che questo è cambiato quando ha pubblicato “Gli anni”, una cronaca dei cambiamenti della società francese del dopoguerra che è diventata un fenomeno in Francia, un libro che l’ha avvicinata a nuovi lettori. “Ho avuto nemici di cui sono orgogliosa”, ha ricordato in un’intervista. Venivano da destra, ma anche dalla sinistra del caviale. Ora non osano più, ma per molto tempo mi hanno massacrato. Il Premio Nobel la consacra definitivamente quando fino a un paio di decenni fa era una paria della letteratura francese, come lei stessa ha riconosciuto. Scrivendo delle esperienze di una donna, fu liquidata come una scrittrice “minore”.
La notizia del premio Nobel l’ha trovata nella sua casa di Cergy-Pontoise, a circa 40 chilometri da Parigi. Nei romanzi “Diario dalla periferia” e “La Vie extérieure”(ed. Gallimard, non pubblicato in Italia), l’autrice si basa sull’osservazione meticolosa della vita quotidiana nel luogo del mondo in cui ha scelto di vivere più di due decenni fa. “Ho comprato la rivista Marie-Claire alla stazione di New Town. L’oroscopo del mese: ‘Troverai un uomo meraviglioso’. Più volte al giorno mi chiedevo se l’uomo con cui stavo parlando fosse quell’uomo”, si legge nel libro. “Scrivere in prima persona mi espone a ogni tipo di commento che parole come ‘si chiedeva se l’uomo con cui stava parlando fosse quell’uomo’ non avrebbero provocato. La terza persona, lui/lei, è sempre qualcun altro e può agire come vuole. L’io, lettore, sono io ed è impossibile – o inammissibile – che io legga l’oroscopo e mi comporti come una bambina. L’io fa vergognare il lettore”.
Annie Ernaux, Nobel de littérature. On en pleure de bonheur. Les lettres francophones parlent au monde une langue délicate qui n’est pas celle de l’argent.
— Jean-Luc Mélenchon (@JLMelenchon) October 6, 2022
La scrittrice che ha sostenuto il leader antiliberale Jean-Luc Mélenchon ha vinto, tra gli altri, il Premio Renaudot (1984), il Premio Marguerite Duras (2008), il Premio Strega europeo (2016), il Premio Marguerite Yourcenar (2017) e il Premio Formentor (2019). La ragazza che divorava libri in un angolo di una rozza bottega di provincia in Normandia affonda il coltello negli abissi del dolore e della vergogna, tatuata dall’umiltà delle sue origini contadine. Il coltello di Ernaux è intimo e sociale. Lungi dal guarire, la ferita non scompare.